mercoledì 8 dicembre 2010

Piombino, sei miglia e.............uno scoglio. Racconto "mangiato" di una serata dedicata all'Isola d'Elba, vista da Piombino

L'idea di queste serate a tema nel ristorante di mio fratello a Piombino,  è nata dal desiderio di stare insieme e provare nuovi piatti scambiandoci ricette.
.
Purtroppo durante l'estate siamo troppo impegnati con il nostro lavoro quindi abbiamo approfittato dell'autunno per poter programmare con calma qualcosa di stimolante per entrambe e che coinvolgesse allo stesso tempo gli ospiti. Sono ormai tanti anni che vivo “sullo scoglio” e un po’ mi sento isolano anch’io. Ho imparato a conoscerla, viverla, rispettarla e perché no anche ad amarla… L’Elba.
A Piombino ho lasciato la famiglia e gli amici dell'adolescenza e con loro anche un sacco di  ricordi.  Sullo "scoglio" invece sono cresciuto come uomo e professionalmente.
Il tema della prima cena è nato spontaneamente perchè l'idea di legare l'isola al continente, ed in particolare a Piombino, mi ronzava in testa da tempo.
L'Elba per i piombinesi é sempre stata una compagna inseparabile dal punto di vista geografico:  è lì.... davanti agli occhi di tutti e per questo viene data un pò per scontata. Sembra che ci si accorga di lei solo nei mesi caldi, quando la voglia di estate e il mare bellissimo attrae sullo scoglio. Purtroppo  la maggior parte dei dirimpettai dell'isola si guarda bene dal viverla in inverno, quasi "snobbandola" per la sua natura "isolata" che la penalizza rispetto al continente. Per me che sono un piombinese che l'isola la vive tutto l'anno, questo gap è veramente minimo ed è sicuramente compensato e abbondantemente colmato da aspetti diversi che legano l'elbano alla natura, al territorio e alle tradizioni. Da qui è nata l'idea di questa cena che si proponeva di fare apprezzare nella sua totalità  quest'isola ai miei compaesani piombinesi.

Ecco qua il percorso
...
Spesso l’aria è così tersa che sembra di poterla toccare con un dito. Altre volte la foschia la avvolge e diventa lontanissima, quasi invisibile. Eppure è sempre li, a sei miglia dalla costa. Per noi piombinesi Elba vuol dire estate, turismo, mare bellissimo e poco altro. In realtà l'isola è molto di più. Da sempre è stata terra di conquista grazie alla posizione strategica sul mar tirreno e alla presenza di giacimenti di ferro. Etruschi, greci, romani, spagnoli, arabi, francesi e inglesi si sono alternati su quel piccolo fazzoletto di terra tramandando ed incrociando culture e tradizioni che hanno lasciato un segno tangibile sulle abitudini e sul modo di vivere degli isolani. Tutto questo, di riflesso ha avuto una grande influenza sulla tradizione gastronomica che si è arricchita e modificata nel tempo. 
Non sono qui per parlare della storia dell’Elba ma per raccontarla nel modo che mi riesce meglio accompagnandovi in un piccolo viaggio fatto di sapori, profumi e colori……….  


SPEZZADIGIUNO con polpo alla forchetta

- Fino a pochi anni fa si poteva trovare questo gustoso cefalopode lungo le strade e nei borghi delle marinerie. Recandosi presso le bancarelle dei “polpai” veniva servito  infilzando le granfie con la forchetta . Cotto “al dente” semplicemente con acqua, sale e peperoncino era ed è considerato una vera e propria prelibatezza. 

PALAMITA SOTT’OLIO  in trasparenza

  Grazie alla centenaria tradizione della pesca dei tonni e delle palamite (in località Bagno ed Enfola  si possono ancora trovare le tonnare e le palamitare) si può gustare questo tipo di pesce conservato sott’olio accompagnandolo con erbette , pomodorini intrisi con aceto balsamico per dare un tocco di freschezza.

STOCCAFISSO ALLA RIESE su crema di patate ed emulsione di olive nere

piatto che ritroviamo in versioni molto simili in tutta la penisola . La particolarità elbana  è dovuta al fatto che viene consumato nei momenti di convivialità  innaffiandolo  frequentemente con un  buon bicchiere di vino durante le  “merende” tra amici.

SBURRITA DEI MINATORI ma anche dei pascatori

 Il baccalà importato sull’isola ai tempi della dominazione spagnola ha reso questo piatto tipico della costa orientale dell’Elba uno delle principali fonti di sostentamento dei minatori che con l’aggiunta di pochi e “poveri” ingredienti ( acqua, pane, aglio e nepitella) riuscivano a trarre il sostentamento necessario per portare a termine la pesante giornata lavorativa.

TOTANO RIPIENO al rosmarino

Questo è proprio il periodo giusto per la pesca del totano e non potevamo non proporre quello che è uno dei più gustosi piatti della tradizione gastronomica elbana nella versione ( in bianco ) che troviamo nel versante orientale dell’isola. 

 

RISOTTO CON LE SEPPIE e con le erbe selvatiche

Nel versante occidentale è buona tradizione associare le seppie alle bietole. Questo ha dato modo alle massaie elbane, in tempi di povertà, di mettere a tavola la famiglia numerosa ottenendo “volume” aggiungendo alle poche seppie pescate, pomodori e bietole (nei periodi in cui l’orto lo consentiva) o altre erbe selvatiche che trovavano e che si trovano ancora con estrema facilità sull’isola. Nei casi, molto rari, in cui ne avanzava un poco si riproponeva il giorno seguente come condimento al riso.


RIBOLLITA DELLE VIE DEL FERRO in conca di pane

In realtà questo non è un piatto tradizionale ma siccome rispecchia la mia filosofia di cucina che predilige il chilometro zero,  lo inserisco a pieno titolo tra i piatti che più parlano di Elba perché completamente composto da materie prime autoctone. Dopo una passeggiata fatta con amici lungo i sentieri mozzafiato delle zone minerarie di Capoliveri abbiamo raccolto le erbe selvatiche (borragine, strigoli, sedanina di fosso, aglio selvatico, porri, finocchio e nipitella) prima di giungere al mare dove la bassa marea aveva fatto affiorare sconcigli, lampade e pomodori di mare. Ebbene…tornati a casa mi sono messo a cucinare una zuppa con gli ingredienti a disposizione e il risultato è stato sorprendente…ma lascio a voi il giudizio.  

PESCE AZZURRO CHE PARLA ELBANO con gurguglione di verdure



E’ uno stufato di verdure tramandato dai conquistatori spagnoli. Semplice ma gustoso, il “gurguglione”, altrimenti detto “puttanaio” ( nella sua versione più povera con meno varietà di verdure) è da sempre il contorno per antonomasia per gli elbani. Per questo piatto mi sono divertito ad immaginare il nostromo a bordo di un galeone, intento a cucinare lo stufato per la ciurma avvalendosi delle verdure che erano state stivate in occasione dell’ultimo attracco a Portoferraio propri mentre la prua della nave incrociava branchi di pesce azzurro…..

GOLOSITA’ TIPICHE ELBANE con aleatico passito – Schiacciunta, schiaccia briaca e cantucci sono i più consumati dolci della tradizione. Di origine araba la schiaccia briaca ( si chiama così perché impastata con farina e vino passito arricchito da frutta secca) accompagnava i marinai elbani durante i lunghi viaggi in mare in quanto, la lunga conservazione dovuta all’assenza di uova e grassi animali, assicurava un valido sostentamento. La schiacciunta è invece un dolce tipico della parte occidentale dell’isola. Qui, dove si viveva prevalentemente di agricoltura, l’uso dello strutto di maiale ha fatto sviluppare la creazione di un dolce appetitoso. Entrambe queste torte si prestano alla degustazione con l’accompagnamento dell’aleatico che è il fiore all’occhiello dei vini passiti elbani.  
Beh, che dire....Il ristorante era pieno e nessuno è andato via senza passare prima a salutare  e dare l'arrivederci all'Elba. Forse è solo di un chicco di sabbia ma adeso spero che lo scoglio sia un pò più vicino delle solite sei miglia............................







giovedì 18 novembre 2010

Le ispirazioni fluttuano nell'aria e nel'ambiente in cui siamo immersi....cogliamole!!

...........Beneee.!! finalmente dopo le fatiche estive tocca a me godermi l'isola d'Elba. Adesso posso riavvicinarmi ai suoi ritmi naturali e alla sua versione non turistica più autentica fatta di silenzi interrotti dal vento, di spiagge intrise di salmastro e segnate solamente dal calpestio dei gabbiani, di cielo terso e nuvole colme all'orizzonte che toccano il  mare altrettanto grigio ma altre volte azzurro e trasparente come di estate  non si vede mai. Eh si, il mare..... Io sono malato di mare e nel mare mi cerco e m ritrovo ogni volta che mi chiama    proprio come oggi. Dopo la sventagliata dei giorni scorsi finalmente è arrvata la "scaduta". L'avevo visto ieri sera che il vento si stava affievolendo quindi stamani sveglia a un quarto alle sei e, dopo aver indossato la muta, ho caricato il resto dell'attrezzatura in macchina e via di corsa a cercare il posto migliore dove tuffarmi. Dopo una sciroccata bisogna andare nel versante sud dove il mare è "lungo" e sbatte ancora stancamente sulla costa. Ci sono zone in cui la visibilità, pur essendo ancora scarsa, consente la possibilità di pescare e di solito questa è la situazione ideale perchè i polpi portati dalla marea costruiscono nuove tane e il pesce ricomincia a girare alla ricerca di cibo. Le acque ancora ricche di elementi i sospensione e la schiuma prodotta dal frangersi delle onde offrono un nascondiglio ottimale.....

sabato 6 novembre 2010

La cucina emotiva dell'Hotel Cernia in trasferta

Ci voleva! Era l'ora: sono mesi che scrivo delle emozioni "riflesse" scaturite da una cucina che ho il piacere di assaggiare e che continua a sorprendermi e a deliziarmi con ricordi, racconti, suggestioni legate a questa splendida isola.... ma mi è sempre mancato l'altro aspetto, quello altrettanto emozionante, che in più è anche creativo e determinante: quello del FARE. Per ovvi motivi d'estate non preparo da mangiare, ma ora che la quiete d'autunno e la chiusura dell'albergo mi hanno riportata al calore della mia casa e al riappropriarmi della mia dimensione intima, riemergono i "vecchi piaceri".
Un mio grande piacere in questa stagione (oltre a quello di cucinare) sono i pomeriggi al mare:
l'acqua è meravigliosa e la temperatura fantastica.
Ieri a Chiessi facevano il bagno... io mi sono limitata a prendere il sole a piedi nudi.
E' questa la stagione più bella per visitare l'isola d'Elba, non ho dubbi

L'acqua del mare  è assolutamente cristallina...

Le spiagge affollate sono un lontano ricordo e mi godo il profumo dell'isola in completa solitudine
Trovo una grande soddisfazione nel poter  ospitare amici (che spesso in stagione sono portata a trascurare), condividere cibo e tempo libero con gli affetti, recuperando spazi del sé che inevitabilmente in stagione sono compressi. Mi rilassa e mi diverte preparare da mangiare: trovo che sia un modo silenzioso eppure denso di significati e "parole inespresse" per manifestare gratitudine, gioia e festosi sentimenti. Nel farlo spesso  sorrido, perché  scopro una vastissima gamma di piacevoli sensazioni che a parole (benché mi sia sempre ritenuta una gran chiacchierona) stento a esprimere e che invece nell'atto di impastare, mescolare o semplicemente concepire un piatto, fuoriescono in modo del tutto naturale.
Questi ragionamenti e questo tripudio di festosi intenti, l'avrete capito, rappresentano l'abc della "cucina emotiva" qui al Cernia ma la cosa che in realtà mi emoziona di più.... è che è un modo di interpretare e proporre la cucina che non ha  "padri o madri" ma appartiene a tutti.
In Michele Nardi ho trovato chiaramente la possibilità di esprimere tutto ciò in un contesto ristorativo che è legato a logiche spesso distanti da tutto ciò, coniugando conoscenza e tecnica a una grande passione e capacità di mettersi in gioco... ma la cucina emotiva E' dentro di noi. E' un linguaggio che impariamo da piccoli, quando facciamo la nostra primissima esperienza d'amore (la mamma che si prende cura di noi, per esempio) e che continua a sviluppare il suo alfabeto in ogni occasione di condivisione.
Ecco che oggi, complice la giornata meravigliosa e il mio desiderio di ritrovare cari amici dopo la lunga pausa estiva, mi sono messa ai fornelli per preparare loro una cena.
Avevo una zucca (bellissima) che mi è stata regalata e ho notato che nei campi si trovano in abbondanza anche in questa stagione le mie amate erbette e ho pensato di regalare anche a loro i profumi di quest'autunno "stropicciato". Così ho avuto voglia di preparare degli gnocchi di zucca che condirò con i profumi e i colori della mia stagione preferita......

Le varie fasi delle patate e della zucca, prima di essere "ridotte" in gnocchi
A questo punto non mi resta che afferrare il cestino e andare per erbe. Proverò a mettere in pratica alcuni degli insegnamenti ricevuti in questi anni e servirò la mia cena con grande affetto.
Lo so, il paragone con Michele Nardi è improponibile ma del resto non è neanche ricercato: gioia nell'incontro, buoni propositi, desiderio di condivisione e una manciata di racconti (per recuperare i mesi di lontananza) saranno gli ingredienti della mia cena con gli amici di stasera.... per questo si, lo posso dire: oggi la cucina emotiva del Cernia è in trasferta al Maciarello!! GNAM :)

lunedì 4 ottobre 2010

Ho nostalgia di mia nonna e dei suoi genuini insegnamenti

Mattinata ventosa.
Un grigio latte quasi uniforme ricopre il cielo stamattina e le raffiche di scirocco increspano il mare e fanno ballare i rami degli alberi.
Sono grigetta anche io oggi: un filo di sonno, l'autunno che si fa sentire con il suo desiderio di "tana", qualche acciacco di fine stagione. Insomma, è del tutto legittimo: ho desiderio di casa, di una bella poltrona nella quale sprofondare comodamente, di una tisana profumata da sorseggiare e di un buon libro da sgranocchiare, mentre fuori "urla e biancheggia il mar". Non ci trovo niente di strano e anzi fantastico un pò e penso a qualche ricetta genuina, al sapore di conserve e sott'oli, tanto per accentuare questo piacevole languore casalingo. Chiudo gli occhi e ripenso a mia nonna che faceva la conserva di pomodoro, alle cassettate di San Marzano che io e i miei cugini diligentemente passavamo nel cortile di casa che profumava dell'origano che nonno appendeva perché essiccasse. Mi ricordo le "manate di pomodoro" che elegantemente ci appiccicavamo reciprocamente addosso (quando nonna non era presente) e quel cucchiaio di legno, mezzo rosicchiato dal tempo e dalle tante cotture che aveva accudito, che noi bimbi ci contendevamo a suon di pizzicotti, simbolo indiscusso di una autorità casalinga di cui partecipavamo con orgoglio in quei pomeriggi di mezza estate.
Oggi questo ricordo mi sembra vivo e una nostalgia devastante dei genuini gesti d'amore con i quali le donne di casa accudivano le nostre famiglie (tutte rigorosamente stropicciate, va da sè) mi ha portata in cucina.
Ho rubato una ricetta a Michele, una delle tante che mi porterò a casa, infilata tra i fogli ingialliti dal tempo che raccontano le alchimie e le dosi di nonna e qualche trucchetto di mamma (sempre troppo indaffarata nel suo difficilissimo ruolo di insegnante, per la verità, perché potesse concedersi all'arte dei fornelli).
In una delle prime mattine libere che avrò, in attesa che Irenina rientri da scuola, preparerò quindi i peperoncini (quelli tondi che somigliano a pomodorini, per intendersi) ripieni.

La ricetta è semplice (quanto basta per allettarmi) ma il risultato è gustoso e sorprendente.... ingredienti fondamentali per spingermi a cucinare.

Fate bollire in una pentola 1/3 di acqua, 1/3 di vino bianco e 1/3 di aceto aggiungendo un pizzico di sale.
Nel frattempo, pulite i peperoncini togliendo loro il picciolo e quindi svuotandoli completamente. I semini però non gettateli (ogni cosa che profumi di sano recupero mi emoziona e mi entusiasma, per cui vi giro questa "dritta" di Michele) se li essiccate li potetet usare per fare dell'ottimo olio piccante.
Appena l'acqua con vino e aceto bolle, tuffate i peperoncini che avete svuotato e aspettate il tempo necessario perché l'acqua riprenda a bollire, quindi tirateli fuori e asciugateli tra due panni a capo all'ingiù (in modo che non rimanga dell'acqua al loro interno).
Una volta che li avrete ben asciugati, li potrete riempire a vostro piacimento con una acciughina e un paio di capperi. Sistemateli quindi in un bel barattolo di vetro e copriteli con del buon olio di oliva.

Gustateli in famiglia o con dei cari amici perché la cucina, si sa, è materia pregiata che si alimenta di affettuosi gesti e di amorevole condivisione.

domenica 19 settembre 2010

Perbacco, ci siamo!

«Invito al primo corso di cucina emotiva: Il Mare d’Autunno.»

Partecipano:

i sentieri dell’isola

la nepitella di campo

la menta di fosso

il rosmarino selvatico

il finocchio in fiore

i fichi d’India

i cachi

i melograni

la sedanina di fosso

una manciatina di more di rovo

il pesce locale

il sole

il mare

il Cotoncello

il Maciarello

l’aria salmastra

il venticello autunnale

il desiderio di condivisione



Non manca mai, è vero… ma oggi particolarmente faccio i conti con la mia emozione. Sì perché questa è la prima vera esperienza condivisa di “cucina emotiva”: mica semplice! Non è facile perché si tratta di un racconto che parte da lontano e che coinvolge tutti i sensi, confondendoli. E’ la storia di una ricerca lenta, paziente, in parte inconsapevole che ho condotto negli anni, avvicinandomi a questo strano e affascinante mondo dell’accoglienza. Anno dopo anno, stagione dopo stagione, si precisava dentro di me il desiderio di condivisione con l’ospite senza che questo significasse “obbligarlo alla mia presenza” (no, no, no). Semplicemente mi rendevo conto di quanto frenetiche e “povere di affetti” fossero le vite dei più, schiacciate da doveri, incastrate tra scadenze e responsabilità… e spontaneamente avvertivo il bisogno di creare uno spazio, qui al Cernia, in cui si facesse esperienza di qualcosa di totalmente diverso. Col tempo ho iniziato a pensare a questo albergo come a una casa degli affetti, lo spazio in cui il tempo si svuota del suo frenetico contenuto di affanni e scandisce l’alternarsi dei momenti della giornata in cui imparare a “riprendersi” cura di sé.
In questa visione condivisa, è evidente, un ruolo di elezione lo hanno svolto i linguaggi. Arte, musica, poesia, ceramica, antichi mestieri…. Tutto è finito nell’ampio calderone emotivo che non smette di sobbollire dolcemente. Ma non bastava… non poteva bastare. Cercavo qualcosa di “intimo”, di personale, di assolutamente soggettivo eppure gioiosamente condivisibile con tante persone simultaneamente. Cosa poteva essere? Col tempo ho capito: una crema al rosmarino.
Sorrido: impossibile che vi sia chiaro ciò che intendo, mi spiego meglio. Ho sempre nutrito una grande passione per la cucina, rintracciando in essa IL linguaggio per antonomasia. Per me è l’insieme di codici condivisi, allo stesso tempo intimi e personali, di cui abbiamo fatto l’esperienza da subito, appena nati. Non c’è linguaggio più antico, quindi, e più intrinsecamente legato a un gesto di amore (quello di una madre che nutre suo figlio). Non poteva sfuggirmi, allora. Dovevo trovare il degno interprete di una simile alchimia di gesti di affetto e attenzione verso il prossimo e l’ho trovato in Michele… per un caso che caso non è.
Anni fa ho frequentato (a sentire il Nardi con scarso profitto) un corso di cucina da lui condotto, mossa dalla mia proverbiale curiosità e probabilmente anche dal mio amore per questo insieme di gesti affettuosi e gustosi al tempo stesso. Non ne fui appagata fino i fondo. I tagli della carne, il fondo bruno, la maionese e altri fondamentali (i grandi classici in cucina) non mi bastavano. Io cercavo altro… ero a caccia di emozioni. Così per gioco ho cominciato a raccogliere le mie amate erbe. L’isola è incredibilmente ricca di essenze e ci da modo di perpetuare l’emozione provata sui sentieri anche in cucina attraverso l’utilizzo di ingredienti “randagi”. Così, sempre per gioco, un giorno al corso Michele mi disse di aver provato a fare una crema pasticcera con il rosmarino da me raccolto e fu illuminazione. In quel preciso istante, non solo capii che sarebbe stato il cuoco adatto alle sperimentazioni che volevo fare in hotel, ma compresi quello che volevo fare da grande. Finalmente avevo compreso il tipo di cucina che si armonizzava con tutto ciò che al Cernia accadeva e sarebbe accaduto negli anni seguenti.


CUCINA EMOTIVA, questo è il nome che le abbiamo dato perché intimamente connessa con il nostro mondo delle emozioni. Una cucina cioè che prova a mescolare insieme ricordi di vecchie ricette legate al nostro vissuto, all’infanzia, agli affetti, con la creatività che ci permette, a partire dagli ingredienti reperibili nei nostri sentieri, di giocare trovando nuove inaspettate armonie di gusto a partire da sorprendenti ma spesso anche semplicissimi accostamenti. Una emozione, un’insieme di emozioni, un concatenarsi mai uguale di impressioni, piccole madeleine, suggestioni che riportino gli stessi profumi e i colori intensi di cui si fa l’esperienza durante una passeggiata lungo costa o nei nostri bellissimi sentieri.
Un inno alla gioia di vivere in questo luogo, un omaggio alla straripante bellezza di una Natura generosa, un pensiero di gratitudine perché siamo qui, ora, a condividere questa mensa. Questo per me, significa cucina emotiva e con un filo di emozione, appunto, vi prenderò per mano in silenzio e andremo a camminare tra i sentieri.


domenica 5 settembre 2010

La menta mi apre la mente :)

Come la mettiamo con la menta di fosso?
No, non la piperita... quella di fosso, con le foglie leggermente arrotondate, il fiore lilla anch'esso rotondo anziché a spiga come nelle più comuni mente utilizzate in cucina. Si, insomma la menta che cresce lungo i fossi, l'avete mai annusata? Ha un profumo delicatissimo e in bocca riesce ad essere fresca e a suo modo persistente. Insieme alla nepitella, è la mia menta preferita.
Cresce (lo dice il nome stesso) sul bordo dei ruscelli e comunque nelle zone ombrose e umide.
Qui all'isola, specialmente in questo versante, che è il più ricco d'acqua, cresce spontanea e rigogliosa e inonda con il suo profumo i sentieri erbosi che in questa stagione finalmente tornano ad essere percorribili, complice la mitezza del clima meno afoso e senz'altro più godibile.
Ieri l'altro ho deciso di fare una passeggiata e, tra un mucchietto di more e qualche fico maturo  che hanno costituito la mia genuina merenda pomeridiana, mi sono imbattuta in una piccola foresta di menta di fosso.
Sono sincera, ero andata in cerca di lei e sapevo che sotto casa, lungo il sentiero che porta a Sant'Andrea, ci sono due punti in cui cresce rigogliosa ma di certo non mi aspettavo una tale generosità. In primavera è più piccola e non è fiorita... adesso invece mi è apparsa in tutto il suo splendore e ne ho riempito un cestino che ho consegnato a Michele in cucina.
Sono così nati uno sciroppo di menta di fosso, un gelato (ottenuto da una crema alla menta di fosso cui ha unito la panna prima di mettere tutto nel mantecatore) e l'altra sera, "gnammi",  un corollino con panna alla menta di fosso e salsa all'aleatico

Ci volete provare? Nel caso eccovi la ricetta:
sbatto 5 rossi d'uovo con 300 gr di zucchero, poi aggiungo 200 gr di burro, 400 gr di farina, mezzo bicchiere di latte, 1 bustina di lievito e i 5 albumi montati a neve. Inforno il tutto per mezz'ora a 160 gradi e servo con una pallina di gelato di menta di fosso a fianco.

Non sono le ricette o le preparazioni di per sè ad emozionarmi (sebbene il sapore e la varietà di accostamenti sorprendenti riescano sempre a strapparmi sorrisetti all'assaggio). Vedete, quel che realmente mi sorprende e mi entusiasma, sono  la varietà e la ricchezza di erbe, profumi, sapori che quest'isola ci offre e a partire dai quali non solo siamo in grado di proporre una cucina "km sotto zero" (venite a trovarci e vi dimostrerò che in 500 metri troviamo tutto ciò che ci occorre per mangiare più che dignitosamente e assaporare in modo completo un territorio).
In pratica non smette di emozionarmi l'idea che agli ospiti si possa offrire una esperienza sensoriale di grandissimo valore a partire da una piccola passeggiata rigenerante (per lo spirito, prima ancora per il corpo). Mi domando cioè quanti siano quei luoghi nei quali sia possibile fare tutta una serie di esperienze durante il giorno che possano essere riassunte (attraverso profumi, colori e sapori) in un piatto la sera.
Non è questo forse un grandissimo vantaggio che noi abbiamo rispetto a moltissime destinazioni? Non varrebbe la pena quindi valorizzarlo, conoscerlo, esplorarlo a dovere, dedicarci tempo ed energie?
Penso che in tempi di "globalizzazione selvaggia", avere la possibilità di fare esprimere un territorio ricco, vario e generoso, possa solo rappresentare una grandissima opportunità di crescita che potrebbe permettere alla "destinazione arcipelago" di farsi notare (e apprezzare) rispetto alle altre.

Non so voi ma io non solo ci credo ma continuo a nutrire (lo spirito e il corpo)  a "km sotto zero" e  a proporlo a chi passa di qua: vi va di venire a farne  l'esperienza??


Un omaggio alla stagione: strudel di fichi con marmellata di prugne e fiore di menta di fosso

mercoledì 25 agosto 2010

E' tempo di fichi

Adoro i fichi... ne mangerei a "cassettate". Mi ricordano l'infanzia e le passeggiate di mattina presto con mio padre lungo il podere a raccogliere frutta e verdura, prima che il caldo della giornata rendesse insopportabile quell'operazione. Amo questo ricordo perché forse è uno dei pochi "abbastanza felici"... mio padre in campagna si liberava dell'ansia quotidiana e smorzava i suoi lunghi silenzi con qualche commento riferito alla generosità del raccolto o a qualche aneddoto della sua infanzia. Quelle passeggiate erano per me in un certo senso il pretesto per dare una sbirciatina discreta nell'universo mondo di un uomo che mi è sempre sembrato inarrivabile e ombroso. A volte, finita la raccolta, mi sorprendevo compiaciuta a osservarlo intento a preparami una fetta di pane toscano con i fichi e in quel gesto piccolo rintracciavo il senso di un affetto che ha sempre faticato a dimostrarmi altrimenti.
Che buffo, anche stamattina ho fatto colazione con "pane e fichi" e solo un'ora dopo Michele ha bussato al mio ufficio con una profumatissima fetta di "panficato" ancora calda.
La madleine era ovviamente dietro l'angolo, pronta a sbucare al primo morso ma il sapore, decisamente diverso ma altrettanto buono, ha lasciato spazio solo a una violenta curiosità: dovevo avere la ricetta, carpirene il segreto.

il panficato di Michele
Così ho scoperto che aveva chiamato Anna, sua madre, e si era fatto da dare la ricetta che vi riporto di seguito, nel caso in cui, complice la stagione favorevole,  decidiate di farne uno anche voi....

farina 350 gr
latte 125 cl
zucchero 100 gr
olio di oliva 80 gr
1/2 bustina di lievito per dolci
e... ovviamente, fichi!!

disponete la farina a fontana e aggiungete nell'ordine tutti gli ingredienti sopra citati. Ottenuto un impasto omogeneo, disponetelo su una teglia guarnendo con fichi a piacere. Un'ultima spolveratina di zucchero e "via", nel forno a 175 gradi per 30 minuti...

E mentre la mangiate, pensateci!!

lunedì 23 agosto 2010

Un "ristorante" in crisi di identità

Sono giorni che ci penso.
Si, insomma, giro e rigiro attorno al concetto di "ristorante" e mi chiedo se noi lo siamo davvero o se ciò che accade da queste parti ha da ritenersi qualcosa di diverso.
Non abbandonerei per niente al mondo l'idea di offrire ospitalità anche ai "non ospiti dell'albergo". Sono molto legata all'idea che questo sia uno spazio aperto, vocato per natura alla condivisione, allo scambio, ad allargare le braccia al viandante. Amo l'idea della piazza (non è un caso che lo spazio aperto all'ingresso sia stato spontaneamente battezzato così, da alcuni ospiti), mi solletica il pensiero di vivere in uno spazio che facilita gli incontri, in un'epoca in cui si rischia sempre più di isolarsi, coltivando incontri meramente virtuali.
una sbirciatina alla nostra "piazzetta emotiva"
Al tempo stesso penso che il concetto di "ristorante" ci stia stretto, non ci rappresenti, non somigli a ciò che accade da noi. A ben pensarci, non mi piace l'idea che chi viene da noi mangi e faccia l'esperienza di qualcosa di diverso rispetto a ciò che stanno mangiando gli ospiti. Mi sembra contrario alla nostra filosofia  far si che alcune persone partecipino di uno spirito e di un concetto di accoglienza e altre no.
Più ci penso e meno mi convince.
Forse perché qui proviamo a condividere una ESPERIENZA, nel suo complesso... fatta di sapori, odori, "aperiemotivi" in piazzetta, quattro chiacchiere in giardino. E' così che ci piace accogliere le persone che passano di qui, anche soltanto per una cena. Del resto, il nostro sforzo (reso più semplice nella bassa stagione, quando la reperibilità delle erbe spontanee è maggiore) è quello di riproporre all'ospite le stesse suggestioni (in termini di profumi e sapori per esempio) avute durante la giornata, lungo i sentieri: ecco perché la nostra è una cucina emotiva, legata alle suggestioni del momento.
Così, nel periodo della lavanda vinceranno i suoi profumi mentre in autunno avremo più corbezzoli e mirto non dimenticando il pescato e ciò che l'isola ci propone, senza mai smettere di sorprenderci.
Un esempio?? Una delle tante  chiacchierate con Michele in   giardino può aiutarmi in questo senso...

Anche per oggi credo di aver scritto abbastanza, del resto al momento si tratta di riflessioni che alla rinfusa si appoggiano su un foglio virtuale, penso che il nostro concetto di ospitalità sia in divenire, abbia voglia di crescere, di confrontarsi con nuove sfide, di capire la strada che vuole percorrere, trovando modalità di espressione le più simili possibile a noi.
Al prossimo assaggio, allora!

venerdì 20 agosto 2010

Un morso e via!

Ma si, ci siamo.
Dopo qualche pasticcio, un paio di post cancellati e qualche arrabbiatura virtuale.... siamo approdati sul nostro blog, desiderosi come non mai di raccontare storie e di farlo nel modo che più amiamo: mangiando!
Chi siamo? un'albergatrice cantastorie e un cuoco curioso alias Francesca  e Michele.
Perché qui?
Perché viviamo su uno spicchio di mondo fatato, all'Isola d'Elba e facciamo del nostro mestiere un pretesto per raccontare storie, moltiplicare emozioni, dividere  (anzi, condividere!) momenti di gioioso relax.
Gli ingredienti? Arte, pittura, scultura, musica, poesia, tanta natura e buona buona buona cucina.
Credo che fare accoglienza oggi significhi creare uno spazio nuovo, per la condivisione, lo scambio e l'emozione.
Viviamo vite frenetiche, schiacciati tra scadenze, corse in macchina da un capo all'altro della città, pomeriggi spesi davanti a un computer o dietro a un telefono che sembra impazzito e, facilmente, perdiamo il senso della realtà. Ci dimentichiamo chi siamo, dove andiamo, cosa ci sta accadendo.... in una parola ci alieniamo un pò.
Ecco che il nostro spazio (lhotel cernia a capo sant'andrea, ndr) ci offre l'opportunità di creare occasioni di scambio in cui recuperare un "sano senso del tempo da dedicare a se stessi", coltivando il gusto per il bello (e  per il buono).
Da buona cantastorie quale io vorrei essere, sono i linguaggi ad affascinarmi. Mi nutro di comunicazione e di scambi, moltiplico contatti e condivisione  aiutandomi come posso con svariati strumenti di comunicazione. Ecco perché nella nostra casa (non chiamatela hotel, per favore!!) si leggono poesie, si invitano i giocolieri, si allestiscono mostre di scultura ceramica... perchè sono i linguaggi i più disparati a farsi ambasciatori del nostro "verbo": la condivisione.
Eppure, se ci pensate bene... qual è il linguaggio per eccezione? la comunicazione che arriva "dritta al cuore", passando per i sensi, risvegliando ricordi e piccole madeleine? la cucina, ovvio. Ecco perchè siamo qui a parlarvi del nostro linguaggio di elezione e lo facciamo con ricette, percorsi di gusto, piccole passeggiate in cui raccogliamo le erbe che serviamo a tavola insieme al pescato locale e a manciate di fantasia... quella di Michele Nardi, il cuoco emotivo di casa nostra.
Perché emotivo? perché mescola con gioioso equilibrio esperienza e creatività, attingendo ai ricordi dell'infanzia che si tingono dei colori della stagione, strizzando l'occhio a un pescato locale a volte semisconosciuto ma per questo non meno ghiotto e soprattutto facendo un largo uso della mia vera passione: le erbe selvatiche.
In queste pagine si alterneranno i nostri racconti, le emozioni mie e quelle di Michele che vi racconterà dei suoi viaggi di gusto e delle intuizioni (felici) che animano le sue indicazioni di gusto (scusate ma non mi piace la parola menu).E' tutto pronto, quindi, per un viaggio che si preannuncia profumatissimo e che si propone di prendervi per mano e di farvi assaggiare un'isola di straordinario fascino.

Buon appetito!
Francesca