mercoledì 8 dicembre 2010

Piombino, sei miglia e.............uno scoglio. Racconto "mangiato" di una serata dedicata all'Isola d'Elba, vista da Piombino

L'idea di queste serate a tema nel ristorante di mio fratello a Piombino,  è nata dal desiderio di stare insieme e provare nuovi piatti scambiandoci ricette.
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Purtroppo durante l'estate siamo troppo impegnati con il nostro lavoro quindi abbiamo approfittato dell'autunno per poter programmare con calma qualcosa di stimolante per entrambe e che coinvolgesse allo stesso tempo gli ospiti. Sono ormai tanti anni che vivo “sullo scoglio” e un po’ mi sento isolano anch’io. Ho imparato a conoscerla, viverla, rispettarla e perché no anche ad amarla… L’Elba.
A Piombino ho lasciato la famiglia e gli amici dell'adolescenza e con loro anche un sacco di  ricordi.  Sullo "scoglio" invece sono cresciuto come uomo e professionalmente.
Il tema della prima cena è nato spontaneamente perchè l'idea di legare l'isola al continente, ed in particolare a Piombino, mi ronzava in testa da tempo.
L'Elba per i piombinesi é sempre stata una compagna inseparabile dal punto di vista geografico:  è lì.... davanti agli occhi di tutti e per questo viene data un pò per scontata. Sembra che ci si accorga di lei solo nei mesi caldi, quando la voglia di estate e il mare bellissimo attrae sullo scoglio. Purtroppo  la maggior parte dei dirimpettai dell'isola si guarda bene dal viverla in inverno, quasi "snobbandola" per la sua natura "isolata" che la penalizza rispetto al continente. Per me che sono un piombinese che l'isola la vive tutto l'anno, questo gap è veramente minimo ed è sicuramente compensato e abbondantemente colmato da aspetti diversi che legano l'elbano alla natura, al territorio e alle tradizioni. Da qui è nata l'idea di questa cena che si proponeva di fare apprezzare nella sua totalità  quest'isola ai miei compaesani piombinesi.

Ecco qua il percorso
...
Spesso l’aria è così tersa che sembra di poterla toccare con un dito. Altre volte la foschia la avvolge e diventa lontanissima, quasi invisibile. Eppure è sempre li, a sei miglia dalla costa. Per noi piombinesi Elba vuol dire estate, turismo, mare bellissimo e poco altro. In realtà l'isola è molto di più. Da sempre è stata terra di conquista grazie alla posizione strategica sul mar tirreno e alla presenza di giacimenti di ferro. Etruschi, greci, romani, spagnoli, arabi, francesi e inglesi si sono alternati su quel piccolo fazzoletto di terra tramandando ed incrociando culture e tradizioni che hanno lasciato un segno tangibile sulle abitudini e sul modo di vivere degli isolani. Tutto questo, di riflesso ha avuto una grande influenza sulla tradizione gastronomica che si è arricchita e modificata nel tempo. 
Non sono qui per parlare della storia dell’Elba ma per raccontarla nel modo che mi riesce meglio accompagnandovi in un piccolo viaggio fatto di sapori, profumi e colori……….  


SPEZZADIGIUNO con polpo alla forchetta

- Fino a pochi anni fa si poteva trovare questo gustoso cefalopode lungo le strade e nei borghi delle marinerie. Recandosi presso le bancarelle dei “polpai” veniva servito  infilzando le granfie con la forchetta . Cotto “al dente” semplicemente con acqua, sale e peperoncino era ed è considerato una vera e propria prelibatezza. 

PALAMITA SOTT’OLIO  in trasparenza

  Grazie alla centenaria tradizione della pesca dei tonni e delle palamite (in località Bagno ed Enfola  si possono ancora trovare le tonnare e le palamitare) si può gustare questo tipo di pesce conservato sott’olio accompagnandolo con erbette , pomodorini intrisi con aceto balsamico per dare un tocco di freschezza.

STOCCAFISSO ALLA RIESE su crema di patate ed emulsione di olive nere

piatto che ritroviamo in versioni molto simili in tutta la penisola . La particolarità elbana  è dovuta al fatto che viene consumato nei momenti di convivialità  innaffiandolo  frequentemente con un  buon bicchiere di vino durante le  “merende” tra amici.

SBURRITA DEI MINATORI ma anche dei pascatori

 Il baccalà importato sull’isola ai tempi della dominazione spagnola ha reso questo piatto tipico della costa orientale dell’Elba uno delle principali fonti di sostentamento dei minatori che con l’aggiunta di pochi e “poveri” ingredienti ( acqua, pane, aglio e nepitella) riuscivano a trarre il sostentamento necessario per portare a termine la pesante giornata lavorativa.

TOTANO RIPIENO al rosmarino

Questo è proprio il periodo giusto per la pesca del totano e non potevamo non proporre quello che è uno dei più gustosi piatti della tradizione gastronomica elbana nella versione ( in bianco ) che troviamo nel versante orientale dell’isola. 

 

RISOTTO CON LE SEPPIE e con le erbe selvatiche

Nel versante occidentale è buona tradizione associare le seppie alle bietole. Questo ha dato modo alle massaie elbane, in tempi di povertà, di mettere a tavola la famiglia numerosa ottenendo “volume” aggiungendo alle poche seppie pescate, pomodori e bietole (nei periodi in cui l’orto lo consentiva) o altre erbe selvatiche che trovavano e che si trovano ancora con estrema facilità sull’isola. Nei casi, molto rari, in cui ne avanzava un poco si riproponeva il giorno seguente come condimento al riso.


RIBOLLITA DELLE VIE DEL FERRO in conca di pane

In realtà questo non è un piatto tradizionale ma siccome rispecchia la mia filosofia di cucina che predilige il chilometro zero,  lo inserisco a pieno titolo tra i piatti che più parlano di Elba perché completamente composto da materie prime autoctone. Dopo una passeggiata fatta con amici lungo i sentieri mozzafiato delle zone minerarie di Capoliveri abbiamo raccolto le erbe selvatiche (borragine, strigoli, sedanina di fosso, aglio selvatico, porri, finocchio e nipitella) prima di giungere al mare dove la bassa marea aveva fatto affiorare sconcigli, lampade e pomodori di mare. Ebbene…tornati a casa mi sono messo a cucinare una zuppa con gli ingredienti a disposizione e il risultato è stato sorprendente…ma lascio a voi il giudizio.  

PESCE AZZURRO CHE PARLA ELBANO con gurguglione di verdure



E’ uno stufato di verdure tramandato dai conquistatori spagnoli. Semplice ma gustoso, il “gurguglione”, altrimenti detto “puttanaio” ( nella sua versione più povera con meno varietà di verdure) è da sempre il contorno per antonomasia per gli elbani. Per questo piatto mi sono divertito ad immaginare il nostromo a bordo di un galeone, intento a cucinare lo stufato per la ciurma avvalendosi delle verdure che erano state stivate in occasione dell’ultimo attracco a Portoferraio propri mentre la prua della nave incrociava branchi di pesce azzurro…..

GOLOSITA’ TIPICHE ELBANE con aleatico passito – Schiacciunta, schiaccia briaca e cantucci sono i più consumati dolci della tradizione. Di origine araba la schiaccia briaca ( si chiama così perché impastata con farina e vino passito arricchito da frutta secca) accompagnava i marinai elbani durante i lunghi viaggi in mare in quanto, la lunga conservazione dovuta all’assenza di uova e grassi animali, assicurava un valido sostentamento. La schiacciunta è invece un dolce tipico della parte occidentale dell’isola. Qui, dove si viveva prevalentemente di agricoltura, l’uso dello strutto di maiale ha fatto sviluppare la creazione di un dolce appetitoso. Entrambe queste torte si prestano alla degustazione con l’accompagnamento dell’aleatico che è il fiore all’occhiello dei vini passiti elbani.  
Beh, che dire....Il ristorante era pieno e nessuno è andato via senza passare prima a salutare  e dare l'arrivederci all'Elba. Forse è solo di un chicco di sabbia ma adeso spero che lo scoglio sia un pò più vicino delle solite sei miglia............................







giovedì 18 novembre 2010

Le ispirazioni fluttuano nell'aria e nel'ambiente in cui siamo immersi....cogliamole!!

...........Beneee.!! finalmente dopo le fatiche estive tocca a me godermi l'isola d'Elba. Adesso posso riavvicinarmi ai suoi ritmi naturali e alla sua versione non turistica più autentica fatta di silenzi interrotti dal vento, di spiagge intrise di salmastro e segnate solamente dal calpestio dei gabbiani, di cielo terso e nuvole colme all'orizzonte che toccano il  mare altrettanto grigio ma altre volte azzurro e trasparente come di estate  non si vede mai. Eh si, il mare..... Io sono malato di mare e nel mare mi cerco e m ritrovo ogni volta che mi chiama    proprio come oggi. Dopo la sventagliata dei giorni scorsi finalmente è arrvata la "scaduta". L'avevo visto ieri sera che il vento si stava affievolendo quindi stamani sveglia a un quarto alle sei e, dopo aver indossato la muta, ho caricato il resto dell'attrezzatura in macchina e via di corsa a cercare il posto migliore dove tuffarmi. Dopo una sciroccata bisogna andare nel versante sud dove il mare è "lungo" e sbatte ancora stancamente sulla costa. Ci sono zone in cui la visibilità, pur essendo ancora scarsa, consente la possibilità di pescare e di solito questa è la situazione ideale perchè i polpi portati dalla marea costruiscono nuove tane e il pesce ricomincia a girare alla ricerca di cibo. Le acque ancora ricche di elementi i sospensione e la schiuma prodotta dal frangersi delle onde offrono un nascondiglio ottimale.....

sabato 6 novembre 2010

La cucina emotiva dell'Hotel Cernia in trasferta

Ci voleva! Era l'ora: sono mesi che scrivo delle emozioni "riflesse" scaturite da una cucina che ho il piacere di assaggiare e che continua a sorprendermi e a deliziarmi con ricordi, racconti, suggestioni legate a questa splendida isola.... ma mi è sempre mancato l'altro aspetto, quello altrettanto emozionante, che in più è anche creativo e determinante: quello del FARE. Per ovvi motivi d'estate non preparo da mangiare, ma ora che la quiete d'autunno e la chiusura dell'albergo mi hanno riportata al calore della mia casa e al riappropriarmi della mia dimensione intima, riemergono i "vecchi piaceri".
Un mio grande piacere in questa stagione (oltre a quello di cucinare) sono i pomeriggi al mare:
l'acqua è meravigliosa e la temperatura fantastica.
Ieri a Chiessi facevano il bagno... io mi sono limitata a prendere il sole a piedi nudi.
E' questa la stagione più bella per visitare l'isola d'Elba, non ho dubbi

L'acqua del mare  è assolutamente cristallina...

Le spiagge affollate sono un lontano ricordo e mi godo il profumo dell'isola in completa solitudine
Trovo una grande soddisfazione nel poter  ospitare amici (che spesso in stagione sono portata a trascurare), condividere cibo e tempo libero con gli affetti, recuperando spazi del sé che inevitabilmente in stagione sono compressi. Mi rilassa e mi diverte preparare da mangiare: trovo che sia un modo silenzioso eppure denso di significati e "parole inespresse" per manifestare gratitudine, gioia e festosi sentimenti. Nel farlo spesso  sorrido, perché  scopro una vastissima gamma di piacevoli sensazioni che a parole (benché mi sia sempre ritenuta una gran chiacchierona) stento a esprimere e che invece nell'atto di impastare, mescolare o semplicemente concepire un piatto, fuoriescono in modo del tutto naturale.
Questi ragionamenti e questo tripudio di festosi intenti, l'avrete capito, rappresentano l'abc della "cucina emotiva" qui al Cernia ma la cosa che in realtà mi emoziona di più.... è che è un modo di interpretare e proporre la cucina che non ha  "padri o madri" ma appartiene a tutti.
In Michele Nardi ho trovato chiaramente la possibilità di esprimere tutto ciò in un contesto ristorativo che è legato a logiche spesso distanti da tutto ciò, coniugando conoscenza e tecnica a una grande passione e capacità di mettersi in gioco... ma la cucina emotiva E' dentro di noi. E' un linguaggio che impariamo da piccoli, quando facciamo la nostra primissima esperienza d'amore (la mamma che si prende cura di noi, per esempio) e che continua a sviluppare il suo alfabeto in ogni occasione di condivisione.
Ecco che oggi, complice la giornata meravigliosa e il mio desiderio di ritrovare cari amici dopo la lunga pausa estiva, mi sono messa ai fornelli per preparare loro una cena.
Avevo una zucca (bellissima) che mi è stata regalata e ho notato che nei campi si trovano in abbondanza anche in questa stagione le mie amate erbette e ho pensato di regalare anche a loro i profumi di quest'autunno "stropicciato". Così ho avuto voglia di preparare degli gnocchi di zucca che condirò con i profumi e i colori della mia stagione preferita......

Le varie fasi delle patate e della zucca, prima di essere "ridotte" in gnocchi
A questo punto non mi resta che afferrare il cestino e andare per erbe. Proverò a mettere in pratica alcuni degli insegnamenti ricevuti in questi anni e servirò la mia cena con grande affetto.
Lo so, il paragone con Michele Nardi è improponibile ma del resto non è neanche ricercato: gioia nell'incontro, buoni propositi, desiderio di condivisione e una manciata di racconti (per recuperare i mesi di lontananza) saranno gli ingredienti della mia cena con gli amici di stasera.... per questo si, lo posso dire: oggi la cucina emotiva del Cernia è in trasferta al Maciarello!! GNAM :)

lunedì 4 ottobre 2010

Ho nostalgia di mia nonna e dei suoi genuini insegnamenti

Mattinata ventosa.
Un grigio latte quasi uniforme ricopre il cielo stamattina e le raffiche di scirocco increspano il mare e fanno ballare i rami degli alberi.
Sono grigetta anche io oggi: un filo di sonno, l'autunno che si fa sentire con il suo desiderio di "tana", qualche acciacco di fine stagione. Insomma, è del tutto legittimo: ho desiderio di casa, di una bella poltrona nella quale sprofondare comodamente, di una tisana profumata da sorseggiare e di un buon libro da sgranocchiare, mentre fuori "urla e biancheggia il mar". Non ci trovo niente di strano e anzi fantastico un pò e penso a qualche ricetta genuina, al sapore di conserve e sott'oli, tanto per accentuare questo piacevole languore casalingo. Chiudo gli occhi e ripenso a mia nonna che faceva la conserva di pomodoro, alle cassettate di San Marzano che io e i miei cugini diligentemente passavamo nel cortile di casa che profumava dell'origano che nonno appendeva perché essiccasse. Mi ricordo le "manate di pomodoro" che elegantemente ci appiccicavamo reciprocamente addosso (quando nonna non era presente) e quel cucchiaio di legno, mezzo rosicchiato dal tempo e dalle tante cotture che aveva accudito, che noi bimbi ci contendevamo a suon di pizzicotti, simbolo indiscusso di una autorità casalinga di cui partecipavamo con orgoglio in quei pomeriggi di mezza estate.
Oggi questo ricordo mi sembra vivo e una nostalgia devastante dei genuini gesti d'amore con i quali le donne di casa accudivano le nostre famiglie (tutte rigorosamente stropicciate, va da sè) mi ha portata in cucina.
Ho rubato una ricetta a Michele, una delle tante che mi porterò a casa, infilata tra i fogli ingialliti dal tempo che raccontano le alchimie e le dosi di nonna e qualche trucchetto di mamma (sempre troppo indaffarata nel suo difficilissimo ruolo di insegnante, per la verità, perché potesse concedersi all'arte dei fornelli).
In una delle prime mattine libere che avrò, in attesa che Irenina rientri da scuola, preparerò quindi i peperoncini (quelli tondi che somigliano a pomodorini, per intendersi) ripieni.

La ricetta è semplice (quanto basta per allettarmi) ma il risultato è gustoso e sorprendente.... ingredienti fondamentali per spingermi a cucinare.

Fate bollire in una pentola 1/3 di acqua, 1/3 di vino bianco e 1/3 di aceto aggiungendo un pizzico di sale.
Nel frattempo, pulite i peperoncini togliendo loro il picciolo e quindi svuotandoli completamente. I semini però non gettateli (ogni cosa che profumi di sano recupero mi emoziona e mi entusiasma, per cui vi giro questa "dritta" di Michele) se li essiccate li potetet usare per fare dell'ottimo olio piccante.
Appena l'acqua con vino e aceto bolle, tuffate i peperoncini che avete svuotato e aspettate il tempo necessario perché l'acqua riprenda a bollire, quindi tirateli fuori e asciugateli tra due panni a capo all'ingiù (in modo che non rimanga dell'acqua al loro interno).
Una volta che li avrete ben asciugati, li potrete riempire a vostro piacimento con una acciughina e un paio di capperi. Sistemateli quindi in un bel barattolo di vetro e copriteli con del buon olio di oliva.

Gustateli in famiglia o con dei cari amici perché la cucina, si sa, è materia pregiata che si alimenta di affettuosi gesti e di amorevole condivisione.

domenica 19 settembre 2010

Perbacco, ci siamo!

«Invito al primo corso di cucina emotiva: Il Mare d’Autunno.»

Partecipano:

i sentieri dell’isola

la nepitella di campo

la menta di fosso

il rosmarino selvatico

il finocchio in fiore

i fichi d’India

i cachi

i melograni

la sedanina di fosso

una manciatina di more di rovo

il pesce locale

il sole

il mare

il Cotoncello

il Maciarello

l’aria salmastra

il venticello autunnale

il desiderio di condivisione



Non manca mai, è vero… ma oggi particolarmente faccio i conti con la mia emozione. Sì perché questa è la prima vera esperienza condivisa di “cucina emotiva”: mica semplice! Non è facile perché si tratta di un racconto che parte da lontano e che coinvolge tutti i sensi, confondendoli. E’ la storia di una ricerca lenta, paziente, in parte inconsapevole che ho condotto negli anni, avvicinandomi a questo strano e affascinante mondo dell’accoglienza. Anno dopo anno, stagione dopo stagione, si precisava dentro di me il desiderio di condivisione con l’ospite senza che questo significasse “obbligarlo alla mia presenza” (no, no, no). Semplicemente mi rendevo conto di quanto frenetiche e “povere di affetti” fossero le vite dei più, schiacciate da doveri, incastrate tra scadenze e responsabilità… e spontaneamente avvertivo il bisogno di creare uno spazio, qui al Cernia, in cui si facesse esperienza di qualcosa di totalmente diverso. Col tempo ho iniziato a pensare a questo albergo come a una casa degli affetti, lo spazio in cui il tempo si svuota del suo frenetico contenuto di affanni e scandisce l’alternarsi dei momenti della giornata in cui imparare a “riprendersi” cura di sé.
In questa visione condivisa, è evidente, un ruolo di elezione lo hanno svolto i linguaggi. Arte, musica, poesia, ceramica, antichi mestieri…. Tutto è finito nell’ampio calderone emotivo che non smette di sobbollire dolcemente. Ma non bastava… non poteva bastare. Cercavo qualcosa di “intimo”, di personale, di assolutamente soggettivo eppure gioiosamente condivisibile con tante persone simultaneamente. Cosa poteva essere? Col tempo ho capito: una crema al rosmarino.
Sorrido: impossibile che vi sia chiaro ciò che intendo, mi spiego meglio. Ho sempre nutrito una grande passione per la cucina, rintracciando in essa IL linguaggio per antonomasia. Per me è l’insieme di codici condivisi, allo stesso tempo intimi e personali, di cui abbiamo fatto l’esperienza da subito, appena nati. Non c’è linguaggio più antico, quindi, e più intrinsecamente legato a un gesto di amore (quello di una madre che nutre suo figlio). Non poteva sfuggirmi, allora. Dovevo trovare il degno interprete di una simile alchimia di gesti di affetto e attenzione verso il prossimo e l’ho trovato in Michele… per un caso che caso non è.
Anni fa ho frequentato (a sentire il Nardi con scarso profitto) un corso di cucina da lui condotto, mossa dalla mia proverbiale curiosità e probabilmente anche dal mio amore per questo insieme di gesti affettuosi e gustosi al tempo stesso. Non ne fui appagata fino i fondo. I tagli della carne, il fondo bruno, la maionese e altri fondamentali (i grandi classici in cucina) non mi bastavano. Io cercavo altro… ero a caccia di emozioni. Così per gioco ho cominciato a raccogliere le mie amate erbe. L’isola è incredibilmente ricca di essenze e ci da modo di perpetuare l’emozione provata sui sentieri anche in cucina attraverso l’utilizzo di ingredienti “randagi”. Così, sempre per gioco, un giorno al corso Michele mi disse di aver provato a fare una crema pasticcera con il rosmarino da me raccolto e fu illuminazione. In quel preciso istante, non solo capii che sarebbe stato il cuoco adatto alle sperimentazioni che volevo fare in hotel, ma compresi quello che volevo fare da grande. Finalmente avevo compreso il tipo di cucina che si armonizzava con tutto ciò che al Cernia accadeva e sarebbe accaduto negli anni seguenti.


CUCINA EMOTIVA, questo è il nome che le abbiamo dato perché intimamente connessa con il nostro mondo delle emozioni. Una cucina cioè che prova a mescolare insieme ricordi di vecchie ricette legate al nostro vissuto, all’infanzia, agli affetti, con la creatività che ci permette, a partire dagli ingredienti reperibili nei nostri sentieri, di giocare trovando nuove inaspettate armonie di gusto a partire da sorprendenti ma spesso anche semplicissimi accostamenti. Una emozione, un’insieme di emozioni, un concatenarsi mai uguale di impressioni, piccole madeleine, suggestioni che riportino gli stessi profumi e i colori intensi di cui si fa l’esperienza durante una passeggiata lungo costa o nei nostri bellissimi sentieri.
Un inno alla gioia di vivere in questo luogo, un omaggio alla straripante bellezza di una Natura generosa, un pensiero di gratitudine perché siamo qui, ora, a condividere questa mensa. Questo per me, significa cucina emotiva e con un filo di emozione, appunto, vi prenderò per mano in silenzio e andremo a camminare tra i sentieri.